La gravissima emergenza epidemiologica che affligge il nostro Paese, come noto, sta compromettendo la già instabile economia nazionale e travolgendo i cittadini e le imprese con un’eccezionale carenza di liquidità. In questo quadro generale, il Governo sta tentando di salvare il salvabile con scaglionate misure economico-fiscali e interloquendo, sul piano internazionale, con l’Europa e le istituzioni di tutti gli Stati sovrani.
Uno degli interventi più incisivi è stato realizzato con l’entrata in vigore del D.L. 18-2020, c.d. “Decreto Cura Italia” che, tra le varie misure, ha disposto all’art. 67, comma 1, primo periodo, che “Sono sospesi dall’8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori”.
Tuttavia, una sciagurata previsione in esso inserita, anche questa volta, stava per umiliare il contribuente alle prese con gli eventi eccezionali e, purtroppo, fornire un’immagine di un Fisco che si approfitta delle misure emergenziali per ampliare lo spazio del suo potere di controllo.
Era, infatti, previsto al comma 4 del predetto art. 67 che “Con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159”, il quale, come noto, dispone che “I termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione aventi sede nei territori dei Comuni colpiti dagli eventi eccezionali, ovvero aventi sede nei territori di Comuni diversi ma riguardanti debitori aventi domicilio fiscale o sede operativa nei territori di Comuni colpiti da eventi eccezionali e per i quali è stata disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, che scadono entro il 31 dicembre dell’anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione”.
In sostanza, la norma in esame aveva stabilito una proroga fino al 31 dicembre 2022 (secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione) dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori in scadenza entro il 31 dicembre 2020. In concreto ciò avrebbe comportato che il potere di rettifica relativo agli accertamenti in scadenza a fine 2020 non sarebbe decaduto il prossimo 31 dicembre, bensì alla fine del 2022; e che tale proroga avrebbe riguardato gli accertamenti relativi al periodo d’imposta 2015, le omesse dichiarazioni relative all’anno 2014, le cartelle conseguenti a controlli formali su dichiarazioni concernenti l’anno 2015 o gli omessi e ritardati versamenti derivanti da dichiarazioni relative all’anno 2016.
La norma, dunque, disponeva un’asimmetrica proroga biennale dei termini in favore degli uffici, la quale appariva del tutto sproporzionata rispetto al periodo di sospensione bimestrale dei termini disposti in favore dei contribuenti. Tale asimmetria, peraltro, appariva in netto contrasto con la Relazione Tecnica al c.d. “Decreto Cura Italia”, ove si afferma che l’emergenza non ha interamente fermato le lavorazioni istruttorie degli uffici finanziari che stanno continuando ad operare in smart working e che ritorneranno ad operare con piena operatività dopo il periodo di sospensione.
Come se non bastasse, è poi accaduto che, con Circolare n. 8/E del 3 aprile 2020, l’Agenzia delle Entrate ha perfino ritenuto di poter affermare che l’esaminata proroga dei due anni dei termini di accertamento interessasse anche fattispecie che, in verità, non sembrano toccate da alcuna sospensione.
In particolare, hanno sorpreso la risposta 2.1 sull’imposta di registro, imposta per la quale il D.L. 18-2020 non sembra disporre alcun tipo di sospensione dei pagamenti, e la risposta 2.3 sull’abuso del diritto.
Riguardo quest’ultima fattispecie, occorre premettere che in caso di abuso di diritto, il comma 7 dell’art. 10-bis, L. 212-2000, prevede una proroga di 60 giorni dei termini di accertamento per garantire l’effettività del contraddittorio. Precisamente la norma stabilisce che, se tra la data di ricevimento dei chiarimenti notificati dall’amministrazione finanziaria al contribuente e il termine di decadenza dell’azione accertatrice, intercorra un lasso di tempo inferiore a 60 giorni, i termini di accertamento sono prorogati a favore del Fisco “fino a concorrenza dei sessanta giorni”. In partica, sono garantiti al contribuente 60 giorni per rispondere alla richiesta di chiarimenti e se tale termine viene a cadere entro la scadenza ordinaria del termine di accertamento, questo è prorogato “fino a concorrenza dei sessanta giorni”. Pertanto non è possibile, che la richiesta di chiarimenti venga, ad esempio, notificata il 30 dicembre e che la stessa determini lo slittamento dei termini di accertamento di altri 60 giorni.
Ciò premesso, e tornando alla questione, con la risposta 2.3. l’Agenzia delle Entrate, approfittando del comma 4 dell’art. 67, D.L. 18-2020, ha addirittura affermato che un accertamento relativo al periodo d’imposta 2014, per il quale il contribuente abbia già risposto ai chiarimenti, potrà essere effettuato entro il 31 dicembre 2022.
Arriviamo quindi a giorno 9 aprile 2020, durante il quale la problematica sembra avviarsi verso la più corretta risoluzione.
Il Senato della Repubblica ha infatti approvato il maxiemendamento sostitutivo del D.D.L. 1766, di conversione in legge del D.L. 18-2020, c.d. “Cura Italia”, contenente l’emendamento 67.15, che modifica il comma 4 dell’art. 67, D.L. 18-2020, sulla “Sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori”.
Il nuovo comma 4 dell’articolo in esame, se supererà l’approvazione in seconda lettura della Camera dei Deputati, assumerà il seguente tenore: “Con riferimento ai termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli uffici degli enti impositori si applica, anche in deroga alle disposizioni dell’articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 12, commi 1 e 3, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159”, in tal modo scongiurando il rinvio al comma 2, D.Lgs. 159-2015, che per il caso di “eventi eccezionali” prevede la proroga biennale dei termini di prescrizione e decadenza delle attività in favore degli uffici.
Salvo colpi di scena, dunque, sembra scongiurata l’asimmetrica proroga biennale dei termini in favore degli uffici, del tutto sproporzionata rispetto al periodo di sospensione bimestrale dei termini previsto in favore dei contribuenti dall’art. 67, D.L. 18-2020, c.d. “Cura Italia”.