L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 sta avendo effetti significativi sull’economia, colpendo, tra i tanti, i commercianti. I provvedimenti di questi mesi hanno comportato la chiusura degli esercizi commerciali e impedito di conseguire incassi, mentre i costi dell’attività imprenditoriale non sono venuti meno o, al più, si sono parzialmente ridotti. Fra i costi centrali della piccola e media imprenditoria italiana rientrano quelli per canoni di locazione di immobili ad uso commerciale non utilizzati o non pienamente utilizzati a causa della sospensione, imposta ex lege, dell’attività d’impresa.
In merito, vien da chiedersi se il conduttore commerciante possa o meno esigere la sospensione o la riduzione del canone di locazione dell’immobile non utilizzato o non pienamente utilizzato.
L’analisi delle disposizioni di legge sul punto è impietosa.
Ai sensi dell’art. 1571 c.c. la locazione è il contratto con cui una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo “verso un determinato corrispettivo” da “dare […] nei termini convenuti”, come precisato all’art. 1587 c.c. Il corrispettivo può essere ridotto, prevede l’art. 1578 c.c., solo se la cosa locata presenta vizi, e un’epidemia non rappresenta un vizio della cosa. Un’altra ipotesi di possibile riduzione del corrispettivo si ha nel caso di riparazioni della cosa locata (art. 1584 c.c.), ma certamente l’epidemia non rientra nemmeno in questa fattispecie.
La prospettiva non cambia esaminando la disciplina delle locazioni commerciali di cui alla L. 392/1978. Anche qui, infatti, non esiste alcuna disposizione specifica che consenta al conduttore di sottrarsi all’obbligo di pagare i canoni nel rispetto dei termini.
In ragione di ciò, i possibili rimedi per il conduttore in difficoltà economico-finanziaria per la serrata imposta dal Governo non si trovano né nella disciplina speciale delle locazioni commerciali contenuta nella L. 392/1978, né nella disciplina generale delle locazioni contenuta nel codice civile.
Bisogna allora individuare una possibile soluzione nella parte generale del codice civile riservata alle obbligazioni e ai contratti. In particolare, si potrebbe ricorrere agli istituti dell’impossibilità temporanea della prestazione (art. 1256, comma 2, c.c.), dell’impossibilità parziale (art. 1464 c.c.) e dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.).
Sul solco dell’inquadramento giuridico appena esaminato, un primo tentativo di chiarezza sta giungendo dalla giurisprudenza che ha già avuto modo di pronunciarsi sulla questione e di interpretare la normativa, arrivando a dare ai conduttori l’aiuto che sinora è mancato dallo Stato.
Tuttavia, nonostante gli orientamenti giurisprudenziali, si ritiene che il metodo migliore per evitare estenuanti e costosi contenziosi fra conduttore e locatore sia quello della rinegoziazione dei contratti di locazione, volta a distribuire tra le parti contrattuali i costi di questa emergenza, con vantaggio reciproco per conduttori e locatori che eviterebbero il recesso dal rapporto contrattuale da parte del primo.