Svalutazioni di partecipazioni estere: al contribuente residente è consentito fornire prova contraria.
In tal senso La Corte di Cassazione ha fatto luce sull’art. 61, comma 3-bis, D.P.R. 917/1986, laddove prevede che le svalutazioni di partecipazioni estere, per perdite subite, di società con sede in Stati non appartenenti all’Unione Europea, sono deducibili dalle società residenti in Italia, sempre che siano in vigore accordi che consentano all’Amministrazione Finanziaria di acquisire le informazioni necessarie per l’accertamento delle condizioni ivi previste, “va inteso, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, ispirata ai parametri di cui agli artt. 3 e 53 Cost., nel senso che è, comunque, sempre consentito al contribuente residente di fornire la prova contraria in ordine alla sussistenza della esistenza di tali componenti negativi di reddito, come del resto accade per la deducibilità dei costi da spese contratte con società site in Stati inclusi nelle black list, ex art. 110 D.P.R. 917/1986, per il regime PEX (Partecipation Exemption), ex art. 87 TUIR, per le CFC (Controlled Foreign Companiese), ex art. 167 Tuir, ed in ogni ipotesi di elusione ai sensi dell’art. 10-bis L. 121/2000“.