Le criptovalute non sono giuridicamente definite uniformemente e specificatamente dalla normativa e dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale e sono fiscalmente regolamentate in incerte interpretazioni di prassi, frutto dell’apparente recepimento dell’attività ermeneutica della Corte di Giustizia UE, riversata nella nota sentenza del 22.10.2015, causa C-264/14 “Skatteverket v. David Hedqvist”.
Nell’articolo pubblicato da JuraNews, Giuseppe Magaudda, avvocato civilista e tributarista dello Studio Legale Palumbo-Magaudda, ha posto alcune riflessioni sulla correttezza dell’attuale trattamento fiscale delle criptovalute e sulla discutibile assimilazione alle valute tradizionali.
Di recente, è stato presentato un Disegno di Legge al Senato delle Repubblica che persegue lo scopo di riconoscere con legislazione tributaria le criptovalute, attraverso l’adozione di una definizioni che superi l’attuale confusione determinata dall’uso di termini diversi.
A tal fine si ipotizza di definire le criptovalute come “unità matematica“, ovvero come unità minima matematica crittografica, statica o dinamica, suscettibile di rappresentare diritti, con circolazione autonoma.
Allo stesso tempo si propone la modifica dell’art. 1, comma 2, lett. qq), D.Lgs. 231/2007, come segue: “qq) valuta virtuale: una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente“.
Il D.D.L., poi, vorrebbe introdurre un’apposita normativa tributaria che mira a modificare il D.P.R. 917/1986 (c.d. “TUIR“), per stabilire espressamente l’imponibilità ai fini IRPER delle plusvalenze derivanti da operazioni che comportano il pagamento o la conversione in euro o in valute estere, effettuate con criptovalute di ogni genere, prevedendo, al contempo, l’irrilevanza fiscale delle crypto-to-crypto trades, nonché delle operazioni che consentono di acquisire gratuitamente criptovalute.
E, in continuità con l’impostazione del TUIR in materia di valute estere, si propone di subordinare l’imponibilità alla condizione che il contribuente possieda complessivamente criptovalute per un controvalore superiore a € 51.645,69, per almeno sette giorni lavorativi continui.
Si prevedono, inoltre, modifiche in materia di monitoraggio fiscale consentendo, similmente a quanto già previsto per i conti correnti e depositi all’estero, il non rispetto dell’obbligo nel caso in cui il valore massimo complessivo raggiunto dalle criptovalute possedute dal contribuente nel periodo d’imposta non sia superiore a € 15.000.
Si conferma, poi, la non imponibilità delle criptovalute ai fini IVAFE.
Si introduce, infine, una norma di rideterminazione dei valori di acquisto delle criptovalute su base opzionale, in forza della quale il contribuente potrebbe, sulla base di un’apposita perizia giurata, versare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi basata su aliquote progressive e ottenere così il riconoscimento fiscale, quale valore di acquisto, del valore al 1° gennaio 2022.
Quale effetto premiale della rideterminazione dei valori si prevede un’esimente da sanzioni per l’omesso monitoraggio fiscale nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui viene posta in essere la rideterminazione dei valori, a condizione che, nella dichiarazione dei redditi relativa al 2021 presentata nel 2022, il contribuente provveda ad indicare le criptovalute interessate nel quadro RW per il monitoraggio fiscale e adotti a tal fine, a partire da tale dichiarazione dei redditi, il nuovo valore rideterminato quale controvalore di riferimento.